Lettera-ai-fedeli

Cari fedeli,

in questi giorni particolari dove, il nostro raggio di azione è limitato, io ho preso la decisione di celebrare solo la Domenica. I miei confratelli (e li ringrazio) assicurano la celebrazione quotidiana per tutti voi e per i nostri defunti.

Io mi sono concesso questo “privilegio” di digiunare del corpo di Cristo durante la settimana. Folle per molti. Forse. Ma sapendo che dovrò “fare memoria” dell’Eucaristia durante la settimana sto scoprendo molte cose di me come sacerdote.

Sento tanti che “accusano” i sacerdoti di mancanza di coraggio, che trascurano il gregge di Dio…..  mancanza: parola interessante!

Ma come facciamo veramente a sapere se Cristo ci manca se ogni giorno lo abbiamo a disposizione? Non facciamo così anche con le persone che ci stanno accanto: siamo abituati alla loro presenza, tante volte la diamo per scontata fino a sperimentare, in qualche momento, la “pesantezza” di tale presenza.

In questi giorni del mio “digiuno eucaristico” sto rivalutando tante cose del mio ministero sacerdotale, tante cose che la quotidianità trasforma in abitudine.

Tra le letture che sto facendo vi è un testo di Fabrice Hadjadj : “La fede dei demoni”. L’autore riporta un racconto rabbinico:

si parla di un nipotino e di suo nonno, il rabbino Baruch, egli stesso nipote di Baal-Shem-Tov. Il ragazzo Jehiel giocava un giorno a nascondino con un altro ragazzo. Egli si nascose ben bene e attese che il compagno lo cercasse. Dopo aver atteso a lungo uscì dal nascondiglio; ma l’altro non si vedeva. Jehiel si accorse allora che quello non lo aveva mai cercato. Questo lo fece piangere, piangendo corse nella stanza del nonno e si lamentò del cattivo compagno di gioco. Gli occhi di Rabbì Baruch si riempirono allora di lacrime ed egli disse: “Così dice anche Dio: Io mi nascondo, ma nessuno mi vuole cercare”.

A che cosa gioca Dio?
Gioca a nascondino.
Forse questo è uno dei significati della frase fondamentale:
<< in verità vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso>>. (Mc. 10, 15).

Dio ci dà appena ciò che è sufficiente, dei semplici segni, affinché noi possiamo vedere che è invisibile.

Così potremo giocare con lui a questo nascondino a uno stesso tempo tragico e rivelatore come la musica ebraica: il suo spirito infantile ci preserva dallo spirito immondo.

Forse non sarete d’accordo con l’autore. Io l’ho trovato illuminante.

Tutto ciò per dirvi che a volte i sacrifici che siamo costretti a fare diventano segni rivelatori della nostra esistenza.
Da questa brutta situazione potremo uscirne “trasformati” come uomini e come cristiani.
Dipende da noi, dal nostro “coraggio”.

Un saluto,
Padre Paolo

18 marzo 2020, vincenzo-lioi