PICCOLO-COMMENTO-AL-TRIDUO-PASQUALE

GIOVEDI’ SANTO

Il Triduo Pasquale si apre con la celebrazione della “ Cena del Signore”.

Tutto il triduo è una sorta di grande liturgia che si protrae per tre giorni. Una liturgia che ci consente di entrare nel cuore del mistero di Dio così come ci viene rivelato in Gesù Cristo.

Il Vangelo di Giovanni non contiene un racconto dell’istituzione dell’Eucaristia come i sinottici, ma al suo posto ha dato rilievo alla lavanda dei piedi.

Per Giovanni la lavanda dei piedi è un gesto che non si può banalizzare, un gesto che non si ritualizza, un gesto che resta difficile tanto per chi lo fa, tanto per chi lo riceve. Ma questo gesto contiene il modo in cui Gesù salva l’umanità: lasciarci salvare (lavare) da Cristo! Ciò ci permette di capire meglio cosa celebriamo nell’Eucaristia. Gesù non ci ha detto solo << questo è il mio corpo, questo è il mio sangue >>, ma  << questo è il mio corpo offerto per voi, questo è il mio sangue versato per voi >>. Non riceviamo qualcosa di statico, ma una realtà in movimento, un donarsi (offerto), un riversarsi (versato).

Dobbiamo lasciarci sospingere da questo amore.

Riguardo alla cena ricordiamo che quel pane spezzato è la sua vita offerta, senza trattenere nulla per sé, senza chiedere garanzie. E come il pane spezzato viene condiviso e coloro che siedono a tavola trovano conforto e sostegno, così la sua vita raggiunge ognuno di noi che siede alla sua mensa, che desidera aver parte alla sua gioia e al suo progetto di amore.

Quella coppa di vino che viene fatta passare perché ognuno ne beva un sorso è il suo sangue versato sulla croce. Non è “una grazia a poco prezzo” quella che ci viene offerta: ha il prezzo del sangue, del sacrificio, del dolore. Del resto come si sarebbero potute sconfiggere altrimenti le forze del male, dell’odio, della cattiveria?

Ma noi non possiamo fermarci qui. Quel pane spezzato, quella coppa di vino, oggi, non sono più solo il segno del sacrificio, essi sono il segno della vittoria dell’amore che è più forte di qualsiasi male, la vita ha già vinto una battaglia decisiva sulla morte.

Alla tavola di Dio, questa sera (simbolicamente anche da casa), noi partecipiamo alla speranza di un mondo nuovo.

 

VENERDI’ SANTO

Spesso i simboli vengono banalizzati (passaggio dall’uso all’abuso) e ridotti a cose neutre. Per molti, infatti, oggi, la croce è un simbolo neutro spogliato del suo significato.

Siamo cresciuti e siamo stati educati alla fede (almeno per la mia generazione) sentendoci dire, fino allo sfinimento, che Gesù è morto per i nostri peccati.

Come recuperare, dunque, il senso della croce? Si può capire la croce solo quando quella croce sulla quale è stato trafitto Gesù trafigge anche noi. Solo, in questo caso, percepiamo che esiste un’alternativa alla tristezza e amarezza che avvelena  la nostra esistenza. Solo, in questo caso,  intravediamo un’alternativa: esiste la possibilità di perdonare, di superare il nostro orgoglio, di comprendere che il fallimento non è, per forza, la fine, ma una possibilità di vita.

Per questo abbiamo bisogno di riconoscere nella croce non un insuccesso, ma la vittoria del nostro Dio. Per questo, mentre ci prostriamo davanti alla croce, la liturgia ci fa confessare cantando: << Dio forte, Dio Santo, Dio immortale >>.

Mentre soffriamo per le malattie, mentre combattiamo le nostre “prigioni”, mentre affrontiamo prove fisiche e morali, mentre il dubbio ci assale e cominciamo a gridare: << Signore dove sei? >> guardiamo alla croce perché la croce è la risposta. Se il Signore ci ha chiesto di seguirlo e perché lui da sempre segue noi, sempre accanto a noi quando ci perdiamo nell’abisso della nostra esistenza.

C’è voluta la croce perché questo amore potesse raggiungerci e per questo la tradizione cristiana ha riletto simbolicamente il significato della croce: da strumento di tortura e morte a simbolo di congiunzione tra cielo e terra. L’elemento verticale della croce indica che Dio, attraverso di essa, ha eretto la scala verso il paradiso. L’elemento orizzontale della croce indica l’abbraccio con il quale Cristo stringe a sé tutta l’umanità, ci unisce a lui, ci rende figli nel Figlio e ci permette di chiamare Dio  <<Padre>>.

 

VEGLIA PASQUALE

Questa sera la liturgia  “esplode” nella sua grandezza e bellezza. Ripercorriamo, bevemente, le tappe di questa celebrazione.

 

Liturgia della luce

Siamo fuori della chiesa e nella notte. Questa tappa vuole farci compiere il passaggio dall’oscurità alla luce.

  • Raduno attorno al fuoco: tempo di preghiera silenziosa in cui ciascuno affida al Signore le proprie intenzioni;
  • Camminando dietro al cero pasquale: la chiesa è un popolo in cammino, un esodo che continuerà fino alla Gerusalemme celeste;
  • Tenendo i nostri ceri accesi: manifestiamo la gioia di battezzati che hanno ricevuto la missione di annunciare la luce a tutti coloro che hanno ancora paura della notte;
  • Acclamando il Cristo, nostra luce: confessiamo la nostra fede in colui che ha vinto le forze del male, le tenebre che vogliono ancora invadere il nostro mondo. Riconosciamo in Cristo il salvatore dell’umanità

 

Liturgia della Parola

Secondo momento importante della Veglia. Si rivive la storia della nostra salvezza. Quando si ascolta si entra in un processo di trasformazione. Ascoltiamo ma non siamo spettatori. Ci viene rivolto l’invito a rispondere. Non ognuno con le proprie domande e attese, ma con la risposta fornita dalla stessa Bibbia: il canto dei salmi.

Ma la parola viva di Dio è soprattutto lui, Gesù Cristo. A partire da Cristo tutto assume densità e sapore.

 

Liturgia battesimale

Il terzo grande momento della Veglia. Comprende il canto della litania dei Santi, la benedizione dell’acqua battesimale e del cero pasquale, le rinunce e promesse battesimali, rito del battesimo se vi sono battezzandi.

  • Litania dei santi: sono i nostri modelli nella fede, ci aiutano a progredire;
  • Benedizione dell’acqua battesimale: Benedire significa dire del bene, volere del bene. Desiderare quel bene che Dio ci dona;
  • Rinnovo delle promesse: è il momento della rinuncia al male e della professione di fede.

 

Liturgia eucaristica

Rappresenta il culmine, il compimento di tutte le tre tappe vissute precedentemente. Questo è il momento di rendere grazie per la passione, morte e Risurrezione di Cristo. Ravvivare la fede, la speranza e la carità.

Ravvivare la nostra fede nella Risurrezione, testimoniarla ai nostri tempi anche se è difficile.

Ravvivare la  nostra speranza da condividere con quelli che soffrono e che attraversano dubbi e difficoltà.

Ravvivare la nostra carità trasformandola in gesti semplici carichi di tenerezza facendo sentire i più piccoli non più soli e abbandonati.

 

 

COMMENTO FINALE

Ricordiamo che siamo parte di una storia santa, che supera le nostre attese e la nostra immaginazione.

A partire dall’alba di “quel primo giorno” noi sentiamo di vivere un’epoca nuova e di andare verso un futuro che è nelle mani di Dio.

Si. si può aver timore perché la presenza del Risorto è una grazia, ma anche una responsabilità, un impegno a percorrere la sua strada, a seguire la sua voce, a lottare per un mondo secondo il suo progetto.

Timore sì, ma anche gioia. La gioia di chi percepisce che la sua povera vita va verso l’eternità, la gioia di chi si sente trasfigurato, cambiato dai doni del Risorto, la gioia di chi non ha più nulla da temere perché è stato generato a vita nuova.

 

Gloria e lode a te, Signore della vita!


FELICE PASQUA
  padre PAOLO

7 aprile 2020, vincenzo-lioi